Il Gruppo di Lettura Parole in giardino si è incontrato sulla piattaforma Zoom giovedì 24 novembre 2022 per parlare del libro “Leggere Lolita a Teheran” di Nafisi Azar.
La scelta di leggere questo libro deriva dal sentimento di vicinanza alle donne iraniane. Infatti in queste ultime settimane Teheran e il territorio iraniano sono scossi da una delle più grandi ondate di protesta nella storia del paese, dove le donne per prime sono scese in strada per manifestare una rabbia condivisa.
Anche per questi motivi l’ incontro è stato intenso, ricco di riflessioni e di spunti anche per altre nuove letture. Il libro, complesso e articolato tra percorsi letterari e narrazioni di eventi appartenenti alla “grande” storia e alle “piccole” storie svolte in Iran dal 1979 al 1997, è piaciuto molto a tutte le lettrici del Gruppo. Le narrazioni presenti nel libro e le notizie terribili che ci arrivano dall’Iran provocano in noi sofferenza e rabbia.
INCIPIT di Leggere Lolita a Teheran di Nafisi, Azar.
A chi raccontiamo ciò che è accaduto
sulla terra, per chi sistemiamo ovunque
specchi enormi, nella speranza che riflettano
qualcosa e non svanisca? CZESŁAW MIŁOSZ, Annalena
Nell’autunno del 1995, dopo aver dato le dimissioni dal mio ultimo incarico accademico, decisi di farmi un regalo e realizzare un sogno. Chiesi alle sette migliori studentesse che avevo di venire a casa mia il giovedì mattina per parlare di letteratura. Erano tutte ragazze, dato che, per quanto si trattasse di innocui romanzi, insegnare a una classe mista in casa propria sarebbe stato troppo rischioso. Fra gli studenti maschi, Nima fu l’unico a rivendicare con ostinazione i propri diritti, così acconsentii a passargli il materiale che assegnavo e, di tanto in tanto, a vederci da me per parlare dei libri che stavamo leggendo. Spesso mi divertivo a punzecchiare le mie studentesse e, citando Gli anni fulgenti di Miss Brodie di Muriel Spark, domandavo: «Chi di voi mi tradirà?». Essendo pessimista per natura, ero certa che almeno una mi si sarebbe rivoltata contro. Nassrin una volta mi rispose con malizia: «Ma se è stata proprio lei a dirci che alla fine siamo sempre noi a tradire noi stessi, a diventare il Giuda del nostro stesso Cristo!». Manna invece mi fece notare che io non ero affatto Miss Brodie e loro, be’, loro erano quello che erano. Mi rammentò inoltre una delle mie raccomandazioni: non sminuire mai, in nessuna circostanza, un’opera letteraria cercando di trasformarla in una copia della vita reale; ciò che cerchiamo nella letteratura non è la realtà, ma un’epifania della verità. Eppure, credo che se dovessi disobbedire ai miei stessi ammonimenti e indicare il romanzo che meglio di ogni altro riflette la nostra vita nella Repubblica islamica dell’Iran, non sceglierei gli Anni fulgenti di Miss Brodie, e nemmeno 1984; semmai Invito a una decapitazione di Nabokov oppure, meglio ancora, Lolita. Due anni dopo l’inizio del nostro seminario, l’ultima sera che ho trascorso a Teheran, alcuni amici e studenti sono venuti a salutarmi e a darmi una mano con i bagagli. Dopo aver sottratto alla casa i suoi oggetti e i suoi colori, risucchiati da otto valigie grigie come geni vagabondi dalle loro lampade, io e le mie studentesse ci siamo messe in posa davanti alle pareti bianche e spoglie della sala da pranzo per scattare un paio di foto. Le ho davanti a me, adesso. Nella prima si vedono sette donne su uno sfondo bianco. In conformità alle leggi del loro paese, indossano ampie vesti nere e veli, neri anch’essi, legati stretti intorno alla testa, che lasciano scoperti soltanto il volto e le mani. La seconda foto ritrae lo stesso gruppo di donne, nella stessa posizione, contro la stessa parete bianca. Stavolta, però, senza quei drappi scuri. Sprazzi di colore le distinguono l’una dall’altra. Ognuna è diversa per il colore e lo stile degli abiti, per il colore e la lunghezza dei capelli; nemmeno le due che portano ancora il velo si confondono più.
Nafisi, Azar. Leggere Lolita a Teheran (Italian Edition) (pp.8-9). Adelphi. Edizione del Kindle.
Come di consueto, riportiamo di seguito alcuni appunti di discussione e di approfondimento utili per chi ha partecipato e per chi non ha potuto partecipare, per chi ha letto il libro e per chi non ha potuto leggerlo.
“Se mi rivolsi ai libri fu perché erano l’unico rifugio che conoscevo, ciò di cui avevo bisogno per sopravvivere, per proteggere una parte di me stessa che sentivo sempre più in pericolo”.
Ritengo che questa frase di Azar Nafisi (199) sia il filo conduttore intorno al quale si svolge “Leggere Lolita a Teheran “. La narrazione, pervasa di letteratura e del suo potere salvifico, riguarda – prevalentemente e con frequenti rimandi temporali – gli eventi vissuti in Iran dall’Autrice dal 1979 al 1997. * * *
Dopo un lungo periodo trascorso all’estero (Inghilterra, Svizzera, Stati Uniti) nel 1979 Azar torna nella nativa Teheran per iniziare la sua carriera universitaria come docente di letterature straniere. Ha trenta anni ed è piena di speranze per il nuovo corso politico che si è appena avviato in Iran con il rientro trionfante dall’esilio di Khomeyni, capo religioso e carismatico e oppositore dello Scia’, il tiranno che aveva dominato nel Paese per decenni con il sostegno degli Stati Uniti. Le aspettative (107,108) sono vanificate dai fatti: l’ayatollah impadronitosi del potere instaura un regime teocratico di terrore, con arresti arbitrari, torture, assassini e con l’imposizione di regole finalizzate a combattere la cultura occidentale e gli Stati Uniti , descritti come il grande Satana (131).
Si afferma un fondamentalismo religioso e retrivo di cui fanno le spese soprattutto le donne per le quali è abbassata l’età legale del matrimonio da 18 a 9 anni, legalizzata la poligamia, introdotta la lapidazione per le adultere e le prostitute….La privazione delle libertà individuali culmina con il divieto assoluto di mostrare corpo e capelli, da nascondere per evitare appetiti sessuali (132). L’ Università , in cui la Nafisi ha da poco iniziato le sue lezioni, è un campo di battaglia: da una parte il regime komeinista che vuole purificare il sistema educativo (molti libri ritenuti moralmente dannosi sono messi al bando: 58, 132, 145), dall’altra i movimenti laici e di sinistra – prevalentemente studenti e docenti – che non vogliono la chiusura dell’Università (da174 a 178).
Azar, disillusa e disperata per le continue violenze cui assiste, tra cui la cattura di 50 ostaggi nell’ambasciata americana occupata (128), svolge con grande difficoltà il suo ruolo: avendole chiesto di tenere un corso sulla narrativa del novecento, la sua scelta si orienta su autori e su opere che permettono agli studenti accostamenti con le contraddizioni della realtà iraniana. Questo orientamento si rileva rischioso perché il regime vuole valorizzare solo quella letteratura che sostiene la sua ideologia perversa: “se il nostro imam è il pastore che guida il gregge al pascolo, allora gli scrittori sono i fedeli cani da guardia che devono condurre il gregge secondo i dettami divini” (150). In nome della condanna dell’Occidente frivolo e immorale emette continui provvedimenti di espulsione di docenti non “allineati”(143 e 144). Per tale motivo e quello non ultimo del rifiuto di indossare il velo, nel 1981 Azar è costretta, come molti suoi colleghi, a dimettersi (181).
Nel 1987 Azar torna alla sua attività di docente su richiesta dell’Universita’ che addirittura la corteggia tramite islamici riformisti (209): è un periodo in cui il regime , fiaccato dalla guerra con l’Irak scoppiata nel 1980 (270 e 271) si rende conto che non è in grado di cancellare l’ intellighentia, che con la clandestinità è diventata più affascinante e più pericolosa, paradossalmente più potente. Ma la persecuzione piano piano ricomincia, soprattutto nei confronti di chi sostiene o argomenta sulla cultura occidentale e sulle sue espressioni nell’arte, nella letteratura, nella musica..(308). Significativo è il caso di un gruppo di scrittori che si recavano con un pullman ad un convegno in Armenia, miracolosamente scampati ad una tragedia “organizzata” che avrebbe dovuto apparire un incidente (342). Azar, trovandosi a rivivere le stesse difficoltà del primo periodo, si dimette di nuovo nel 1995.
Ritiratasi dalla vita universitaria, come racconta all’inizio di “leggere Lolita a Teheran“, Azar decide di realizzare un suo vecchio sogno e in particolare di dare vita ad un seminario clandestino in casa sua, ogni giovedì mattina, per parlare ancora una volta di letteratura con quella libertà che come docente la repubblica islamica le ha negato (17, 25). L’obiettivo è offrire alle ragazze partecipanti uno spazio libero, seppure piccolo, per un’analisi critica su un tema a lei molto caro : il rapporto tra realtà e finzione letteraria. È anche un suo bisogno esistenziale : “L’Università era stato il mio principale collegamento con il mondo esterno: una volta reciso mi ero trovata sull’orlo di un precipizio e non avevo scelta: o mi inventavo un violino o sarei caduta nel vuoto” (40), quest’ultima frase ripresa da Azar dall’introduzione di un romanzo di Nabokov (38).
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Il titolo “Leggere Lolita a Teheran” è indicativo perché gli approfondimenti letterari condotti dalla Nafisi sia nell’Università che nel seminario clandestino, riguardano non solo Lolita, ma anche altre opere di Vladimir Nabokov, di Francis Scott Fitzgerald, di Henry James, di Jane Austen. La scelta degli autori deriva dal fatto che, scrive l’Autrice, “hanno fede nel potere interpretativo e quasi magico della letteratura” , la scelta delle opere dal fatto che sono specchio della realtà , segnano la distanza tra gli spazi aperti del romanzo e quelli chiusi in cui sono confinati gli iraniani, stimolano l’immaginazione che consente di evadere dalle brutture quotidiane (34 e 35).
LOLITA (Nabokov)
La centralità del romanzo non è sulla licenziosita’ del romanzo- come avvenne all’epoca della pubblicazione nel 1958- ma sulla assoluta impotenza di Lolita e sulle crudeltà del patrigno Humbert, che la descrive al lettore come ragazza volgare e disgustosamente convenzionale (61). Orfana, privata della sua infanzia (69), mentre desidera una vita normale Lolita è costretta ad assecondare gli appetiti di Humbert senza diritto di difesa, senza ricevere quel po’ che chiede. È la “confisca della vita di un individuo da parte di un altro” (50). La mancanza di remore morali e il tentativo di scagionarsi dell’uomo: “fu lei a sedurre me” sono un rimando alle falsità e alle assurdità del regime islamico iraniano. Tra le tante, quella dell’incendio delle sale cinematografiche, per essere non contro il cinema ma contro la prostituzione (61), oppure il ritiro del cartone animato del “giro del mondo in 80 giorni” perché il film si conclude a Londra , “roccaforte dell’ imperialismo” (42).
INVITO AD UNA DECAPITAZIONE (Nabokov)
È la storia di Cincinnatus, condannato in un regime totalitario, affranto dalle torture e dall’incubo di vivere in un’atmosfera di quotidiano terrore, obbligato anche a stringere alleanza con quello che sarà il suo boia (38). Cerca di salvarsi chiudendosi in se stesso e trovando una via di fuga nella scrittura. Sarà decapitato con una esecuzione pubblica celebrata tra l’euforia della gente che compra il biglietto per seguire l’atroce evento/spettacolo. Immediato il parallelismo con la ferocia del regime islamico che con i suoi slogan sconci tra cui “Più siamo a morire più forti diventiamo” (129) rende normali violenze ed esecuzioni con la spettacolarizzazione di fatti dolorosi. Valga l’episodio narrato da Azar e ripreso da un telegiornale nazionale di una madre che spiega al figlio, oppositore del regime, che merita di morire per il suo tradimento, figlio che si dice d’accordo perché il suo crimine è talmente grave da meritare la morte (124).
IL GRANDE GATSBY (Fitzgerald)
La lettura e l’approfondimento di questo romanzo scatenano un’animata protesta degli studenti integralisti che vedono minate le fondamenta della cultura iraniana (145 e succ). Il processo a Gatsby che Azar suggerisce di attivare, visto che “i processi pubblici parevano tanto di moda” (146), offre la condizione ideale per sviluppare i pro e i contro del romanzo e tirare le conclusioni per un giudizio. Azar tiene le fila di una appassionata e vivace partecipazione da cui emerge che Fitzgerald scrive , si’, del fascino della ricchezza ma anche del suo potere distruttivo e dalla mancanza di responsabilità che ne deriva (171); quanto ai tradimenti e agli adulterii dei personaggi la narrazione non esprime giudizi ma espone la complessità di fatti che riguardano tutta l’umanità. La Nafisi – che nel processo svolge il ruolo di imputato – sottolinea che la centralità del romanzo sta nella perdita del sogno (160, 169) che aveva illuso il protagonista, così come non si erano avverati i sogni che avevano animato i cuori degli iraniani prima dell’avvento della rivoluzione islamica. Il destino di Gatsby era simile al destino dall’Iran: “ lui aveva cercato di realizzare il suo sogno facendo rivivere il passato e alla fine si era reso conto che il passato era morto e sepolto, il presente era una finzione e che non c’era futuro. Non somigliava forse alla nostra rivoluzione scoppiata in nome di un nostro passato collettivo e che nel nome del sogno aveva distrutto le nostre vite?” (172).
WASHINGTON SQUARE e DAISY MILLER (James)
La vita di Henry James (1843-1916), cittadino statunitense naturalizzato britannico, è segnata profondamente dagli eventi della prima guerra mondiale a cui assiste impotente, deluso dalla indifferenza dell’America (244). Ai suoi amici lo scrittore scriveva che la sua generazione non meritava di “vedere infranto il sogno di progresso ora che la civiltà mostra il suo volto peggiore” e aggiungeva che “il solo sprazzo di luce nella tenebra è la combattività è l’assoluta unanimità di questo Paese” ( riferito alla Gran Bretagna 246). Riflessioni queste che sembrano la fotocopia di quelle che si possono fare dopo circa 100 anni per quanto accade in Iran.
I due romanzi scelti dalla Nafisi per le sue lezioni turbano ancora una volta gli studenti perché i rispettivi personaggi sfidano le convenzioni del loro tempo e mettono in crisi i rapporti tradizionali tra uomini e donne(225). C’è un rimando allegorico alla cruda situazione degli iraniani: in Washington Square la mancanza di empatia e la cattiveria del padre di Catherine, l’ingenuità di questa e la sua propensione a crearsi false illusioni, la fermezza con cui alla fine respinge chi voleva imbrogliarla (253); in Daisy Miller la resistenza della protagonista alle convenzioni sociali e il suo coraggio ( “io non ho paura” dice al suo corteggiatore), la durezza di familiari e amici nel giudicarla una ragazza civettuola e poco seria (278).
ORGOGLIO E PREGIUDIZIO (Austen)
È singolare che la professoressa Nafisi proponga la lettura e la discussione di un romanzo di quasi duecento anni prima (pubblicato nel 1813), scritto mentre infuriano le guerre napoleoniche. Qui non si legge di politica o di ideologia o di religione, ma di sentimenti, di processi individuali e di come superare ostacoli e pregiudizi per arrivare al lieto fine. La felicità non è nel matrimonio istituzionale ma nell’unione di due persone basata sul sentimento e sulla comprensione, per cui è importante rompere le convenzioni che impediscono l’esercizio del diritto di scelta , valore fondamentale per l’individuo (340 e 341).
Quanto allo stile narrativo è sottolineata la ricchezza dei dialoghi che rende Orgoglio e pregiudizio un romanzo “strutturalmente democratico”: i personaggi esprimono loro stessi senza reticenze e tutto si risolve attraverso il dialogo. Scrive Azar: “ non è un caso che personaggi meno simpatici sono incapaci di un dialogo sincero con gli altri. Parlano a vanvera, pretendono di insegnare qualcosa, sono intolleranti “ (300).
È superfluo commentare come l’esaltazione della libertà individuale, della interiorità nella narrativa, dei dialoghi in generale, appaia pericolosissima agli occhi del regime.
IL SEMINARIO CLANDESTINO
Sono sette le studentesse a cui Azar propone di incontrarsi a casa sua per parlare di letteratura. Sono ragazze che ha conosciuto negli anni in cui è stata docente all ‘Università e che hanno dimostrato interesse e passione per le opere letterarie. L’appuntamento settimanale per commentare le opere si rivela anche un “confessionale” dove le partecipanti, professoressa compresa, si mettono a nudo parlando liberamente della loro vita privata. Il confronto, ricco di tanta umanità, è quasi sempre drammatico e dimostra quanto sia difficile la vita fuori da quel piccolo, prezioso contesto: da Sanaz, che quotidianamente deve affrontare il potere che su di lei esercita il fratello (32, 96), a Mitra, che con fatica si libera di un pretendente mussulmano dei più radicali (325), a Nassrin, che soffre per la mancanza di speranze e decide di lasciare il paese (357)…. Azar è assalita dal dubbio che il seminario in definitiva possa essere una frustrazione per le ragazze perché i valori emersi dagli approfondimenti letterari , quali tra gli altri il diritto alla vita, la libertà di scelta, la ricerca della felicità, sono molto distanti dalla loro realtà. Ma il suo amico e confidente Mago, spesso presente nella narrazione (52, 76, da 165 a 167, 203, da 312 a 315, da 370 a 372), la tranquillizza: “nessuno sopravviverebbe nel mondo che vogliono imporci (313), è importante crearsi un paradiso personale verso cui evadere” e ancora : “le vittime devono imparare a battersi “. Apprezzare la letteratura restituisce l’immaginazione che invece la teocrazia vuole distruggere: il regime teme la capacità immaginativa dei giovani per questo requisisce libri e chiude librerie e Università.
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La disumanizzazione del regime islamico in Iran dura ormai da 43 anni, dal lontano 1979 nulla è cambiato e i fatti recentemente avvenuti ne sono una triste conferma. I paurosi passi indietro determinati dal dominio della religione nel sistema di potere ci rimandano ai periodi bui dell’inquisizione dei secoli diciassettesimo e diciottesimo, ai processi per autodafé. Oggi i mass media e le tecnologie digitali permettono, a livello internazionale, condivisioni e alleanze ideali con il popolo iraniano, in particolare con le donne e le minoranze etniche. Dal canto suo il regime si incattivisce con la popolazione, offre alleanze ad altri regimi totalitari ( vedi il sostegno alla Russia con i droni kamikaze contro l’Ucraina) e mantiene una posizione pericolosamente equivoca sul nucleare.
“Leggere Lolita a Teheran”, interessantissima scatola cinese come altri libri recentemente da noi commentati, mi conferma che le opere letterarie di Nabokov, Fitzgerald, James, Austen, e ovviamente della stessa Nafisi, offrono ulteriori strumenti per conoscere, valutare e capire meglio la realtà. Il seminario mi fa meditare sulle belle riunioni della nostra associazione in cui arriviamo e usciamo da persone libere, ma sicuramente consapevoli di quanto sia ancora lungo e difficile il percorso per il raggiungimento della libertà di tutti i popoli.
Daniela C.