📙📙 Continuano gli incontri de Il Club del libro “Su in collina e…. della crostata al bicarbonato” di San Silvestro – Pescara.

Venerdì 4 novembre 2022 alle ore 17.00 i componenti del Club del libro si sono  incontrati sulla piattaforma ZOOM per parlare del romanzo “I miei stupidi intenti” di Bernardo Zannoni, vincitore del Premio Campiello 2022, del Bagutta Opera prima e del Premio Salerno Libro d’Europa.

E’ stato un incontro ricco di riflessioni e di spunti che hanno dato vita ad una conversazione molto interessante e coinvolgente.

Il libro racconta la lunga vita di una faina di nome Archy, che è protagonista e narratore del romanzo.

INCIPIT di “I miei stupidi intenti” di Bernardo Zannoni

Mio padre morì perché era un ladro. Rubò per tre volte nei campi di Zò, e alla quarta l’uomo lo prese. Gli sparò nella pancia, gli strappò la gallina di bocca e poi lo legò a un palo del recinto come avvertimento. Lasciava la sua compagna con sei cuccioli sulla testa, in pieno inverno, con la neve. Nella notte burrascosa, tutti assieme nel grande letto, guardavamo nostra madre disperarsi in cucina, alla penombra di una lampada e del soffitto basso della tana. «Maledetto, Davis, maledetto!», piangeva. «Ora cosa faccio? Stupida faina!». Noi la guardavamo senza fare rumore, vicini per il freddo. Alla mia destra c’era mio fratello Leroy, dall’altra parte invece Giosuè, che non ho mai conosciuto. Doveva essere morto poco dopo il parto, forse schiacciato dal peso di nostra madre, quando si era stesa per riposare. «Disgraziato, disgraziato!», piangeva lei. «E adesso chi li cresce questi figli di nessuno?». Quei primi giorni la vita era una bella sensazione. Respirando piano piano sotto le coperte, scivolavi nel sonno più vivace. Eri fragile e forte allo stesso tempo, nascosto dal mondo, in attesa di uscire. «Chi li cresce? Chi li cresce?», diceva nostra madre. Poi si avvicinava al letto e si stendeva, lasciandoci la pancia. Appena la sentivo, mi ci attaccavo con tutte le forze. Gli altri miei fratelli cominciavano subito una piccola zuffa. Leroy era il più grande e si avventava di prepotenza, le femmine, Cara e Louise, facevano squadra. Otis, il più piccolo, veniva spesso lasciato fuori. «Chi li cresce? Chi li cresce?», diceva nostra madre. Ogni tanto la sentivo sussultare dal dolore, se qualcuno di noi la mordeva troppo. Giosuè spuntava da sotto la sua pelliccia, immobile. La notte ci lasciava per cercare da mangiare, di giorno dormiva qualche ora. Certe volte, se trovava qualcosa di prezioso, usciva con il sole alto a barattare cibo con Solomon l’usuraio. Era magra, e la pancia le cadeva a terra. Trascinarla sulla neve doveva darle molto freddo. «Zitti, bambini», ci diceva se la svegliavamo. Lo diceva anche se era sveglia. «Zitti, zitti». Noi cominciavamo a parlare. E a muoverci. Una mattina Leroy cascò dal letto e ci girò intorno, poi non fu più capace a risalire. Sarebbe morto di freddo se nostra madre non fosse ritornata. Prima di rimetterlo su, ricordo che esitò qualche attimo, un fatto incomprensibile per me. Se ci fosse stato qualcun altro di noi al suo posto, forse l’avrebbe lasciato dov’era. Leroy era il più grande e il più forte. Nevicava molto spesso, anche per giorni. Una volta l’entrata della tana rimase bloccata, e la mamma stette ore a cercare di scavare una via di uscita. «Zitti, zitti!», urlava a chi si lamentava per la fame. Ogni tanto la scorgevo sedersi in cucina a fissare il vuoto. Si lisciava i baffi e sospirava, senza dire niente, come se stesse parlando con qualcuno. Quando faceva così rimanevo a guardarla. Sentivo che non stava bene, qualcosa precipitava, e faceva paura. 

Zannoni, Bernardo. I miei stupidi intenti (Italian Edition) (pp.6-8). Sellerio Editore. Edizione del Kindle.

Come di consueto, riportiamo di seguito alcuni appunti  di discussione e di approfondimento  utili  per chi ha partecipato e per chi non ha potuto partecipare, per chi ha letto il libro e per chi non ha potuto leggerlo.

Ho iniziato a leggere questo romanzo con un certo scetticismo. Già non mi appassionano particolarmente i libri su storie di animali, tanto più se si tratta di animali che si comportano come uomini. Ci ha già pensato la tradizione favolistica classica (Esopo, Fedro, La Fontaine). Potrebbe rientrare nel genere nel genere fantasy? Niente di tutto questo. Continuo a leggere e a pormi domande, ma non riesco a trovare un “senso a questa storia, anche se questa storia un senso non ce l’ha” (forse), per dirla alla Vasco Rossi.

Gli animali hanno caratteristiche umane, e questo è certo: abitano in tane che sembrano delle case, dormono nei letti, usano utensili per prepararsi il cibo nelle loro cucine. La loro condizione di vita è la crudeltà , l’indifferenza all’altro, la violenza, l’asservimento del più debole al potere del più forte, la morte è sempre in agguato. Nel mondo animale questo si chiama selezione naturale, ma non succede spesso anche tra gli uomini? Non è che attraverso il mondo animale l’autore ci fa riflettere sulla natura violenta dell’uomo? Di un uomo non umano, ancora legato alla condizione di ferinità : Homo homini lupus….

Archy, la faina protagonista narrante, dopo la morte del padre ladro, viene cacciato di casa dalla madre e adottato da una volpe usuraia, Solomon, che gli insegna a leggere e a scrivere, usando come testo la Bibbia, il libro di Dio. Per questo la volpe si crede un uomo ed è convinto che gli uomini sono gli animali salvati da Dio. Se impara a leggere anche la faina potrà diventare un uomo. In questo sembra che l’autore voglia toccare due temi: la conoscenza e la religione. La conoscenza dovrebbe elevare l’uomo dalla condizione animale a quella di essere umano, quindi “salvarlo”. Ma è sempre così? Quanti esempi nella storia e nell’attualità  dimostrano il contrario? Mi viene in mente l “Ode all’atomo” di Pablo Neruda: la scoperta dell’atomo, elemento naturale innocente e puro, nelle mani di uomini crudeli ha portato all’umanità  distruzione e morte…e il pericolo è sempre presente! “A che serve imparare se poi non riusciamo a cambiare niente, neanche noi stessi?” (Alessandro D’Avenia- L’Appello)

La religione è stata spesso usata come mezzo di potere, per dominare e asservire il popolo ignorante: Instrumentum regni, direbbe Machiavelli. D’altra parte, il Dio di cui parla la volpe è un Dio crudele e giustizialista, un Dio precristiano, nel quale sono assenti la pietà e l’amore. La volpe Solomon, in fin di vita chiede alla faina di distruggere la sua autobiografia, in cui parla della sua cattiveria, delle sue furbizie, dei suoi stupidi intenti, di riscriverlo mettendoci più Amore.

Si affacciano dunque nel romanzo altre due tematiche: Amore e Morte, il binomio che è sempre stato alla base dell’esistenza umana dalle origini del mondo. Nel libro di Zannoni la pietà non esiste, salvo per qualche eccezione, come il medico-castoro che “parlò con un muso sincero, pieno di compassione”. In quanto all’amore, Solomon dice che è una cosa da sciocchi”, mentre Archy ne è alla continua ricerca. Lo ha provato prima per Louise e poi per Anja, e si chiede come possa lui, zoppo, suscitare tale sentimento:”Anja, perché mi hai voluto?” le dissi con un filo di voce. “Perché sei fragile e delicato. Perché  non mi farai mai del male”. Mi strinse la zampa. “E i tuoi occhi parlano al profondo”. Continuai a guardarla. Il suo sorriso si spezzò a metà. Si mise a piangere, mi strinse a sé, e piangemmo insieme”. Ho salvato questo romanzo anche solo per queste poche righe. Mi ha fatto pensare a D’Avenia, nel suo libro L’Appello “Credo che l’amore consista in questo: mostrare la propria debolezza a qualcuno e scoprire che non se ne servirà per affermare la propria forza, anzi, al contrario, per mostrarsi altrettanto debole. Unire due debolezze è il modo di diventare forti”. Quanto alla tematica della morte, mi ha colpito il seguente brano: “Forse è questo che la morte ci insegna, per chi sa del suo arrivo: quell’attimo più buio è un percorso solitario, nei meandri di sé per salvare stessi, dove ogni cosa sparisce, e si tenta di riacciuffarla. E’ l’anima di questo mondo, la sua forza più grande; nessuno chiede di nascere, ma nemmeno di andare via”. Rossana

Archie è una faina che riceve in dono, dal suo padrone e mentore Solomon, la capacità di leggere e scrivere. La lettura lo porta a conoscere Dio, ma anche ad avere consapevolezza della morte. Questa consapevolezza, che manca agli altri animali, per lui è motivo di sofferenza e gli fa avvertire la necessità di scrivere per raccontarsi ai posteri, per lasciare, in questo mondo, una traccia del suo passaggio. La scrittura autobiografica è terapeutica e lo aiuta nei momenti di difficoltà: mentre le pagine si riempiono di parole, la sua mente si libera e lo libera.

” Tutta la mia rabbia era sbiadita insieme allo sconforto. Il mio viaggio era diventato un ricordo leggero, una storia terribile ma antica. Stringendo i fogli nella zampa avvertii il loro peso, era cambiato, per sempre. Avevo intrappolato la mia prigione nella carta. Era di nuovo libero e triste”

Archie conosce gli oggetti dell’uomo e ne riconosce la bellezza e l’utilità, come nell’orologio che Solomon gli dice di gettare. Per una vecchia volpe un orologio è solo un orribile conto alla rovescia per la morte, ma per una giovane faina scandisce il tempo dell’attesa di un lieto evento.

“C’era qualcosa che stava misurando prima della mia morte. Era l’arrivo dell’autunno, era Anja.”

Le conoscenze di Archie sono, tuttavia, modeste. La volpe non gli dona, ad esempio, la sua furbizia nè le capacità dell’uomo di fronteggiare le avversità con l’ingegno. Archie si dimostra incapace di reagire e provvedere alla sua famiglia e a se stesso, lasciandosi andare a quella che sembra una depressione tipica dell’uomo più che dell’animale. Si lascia depredare di tutto ciò che Solomon gli aveva lasciato, arrivando all’estremo, orribile gesto, di provare a cibarsi dei suoi stessi cuccioli. Pur conoscendo le parole dell’uomo e di Dio, resta un animale con i suoi istinti predatori. Nella parte finale del libro, (a mio avviso frettolosa e che lascia un senso di incompiuto, di qualcosa che doveva evolvere, ma non lo ha fatto) Archie realizza il concetto della solitudine di ogni essere, nel momento della propria morte. “Anche se insieme, (Solomon) era rimasto solo”

Da Otis a Solomon, da Louise ad Anja, se felici in un posto dolce, oppure scomparsi nella notte, il mondo sta per dirlo anche a me. Non posso indugiare oltre, arriva questo ultimo spavento, che si affronta da soli, dall’inizio alla fine.”

Libro per la prima metà promettente ed interessante. Deludente, invece, nella successiva evoluzione della trama e nel frettoloso svolgersi dell’ultimo episodio. Manuela

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Noi tutti siamo animati da stupidi intenti  che ci portano a credere a cose impossibili da realizzare , scontrandoci alla fine con la cruda realtà. In questo libro troviamo La nascita, l’amore, il lavoro, la violenza, la vita e la morte con tutte le sfaccettature.

Questo è uno dei pezzi da me evidenziati: Imparai ad apprezzare la solitudine e trovai la pace con Dio. Mi fu chiaro che il mondo non odia nessuno, e se è crudele, è perché noi siamo crudeli. Dio non aveva commesso altro errore se non quello di averci voluto partecipi, uomini e animali insieme. Mi assolsi, e feci pace con chi mi aveva ferito, perché al di fuori delle nostre teste, ogni dolore non ha peso: perché il male non esiste.” Celeste

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  Alba Donati in “La libreria sulla collina” suggerisce di farsi, al termine di ogni lettura,  quattro domande: a cosa mi è servito? perché mi è piaciuto? cosa ha cambiato nella mia mente? cosa cambierà nelle mie azioni?

  1. A cosa mi è servito .Questa lettura impegnativa mi è servita proprio perché sforzandosi a capire una attraverso dialoghi e narrazione porta ad un senso di soddisfazione e crescita per quanto riguarda la lingua e cultura del racconto. Avevo bisogno di allontanarmi dai soliti pensieri sul presente. Che si voglia oppure no, qualsiasi racconto sul tema della morte fa riflettere sulla qualità del presente e non sulle banalità. Quello che si fa oggi conta per aiutare nei passaggi futuri. Che sia da un bosco bruciato ad una tana nuova o un lavoro fisso ad un lavoro libero…per affrontare i passaggi bisogna essere pronti e convinti. Non ignori neppure stupidi.

  2. Non mi è piaciuto inizialmente. Non riuscivo a fare ciò che penso sia stato l’intento dell’autore, non riuscivo a considerare gli animali simili ad esseri umani. Finalmente con l’arrivo di Klaus avevo voglia di portare a termine la lettura.

  3. Nella mia mente non è cambiato molto per quanto riguarda ciò che penso sul comportamento e istinto dell’uomo, ma la dichiarazione “nessuno chiede di nascere ma nessuno chiede di andare via” mi ha colpito profondamente. Posso dire che ho trovato in questa frase una verità spiegata in modo quasi perfetto.

  4. Cosa cambierà nelle mie azioni? Diciamo che come prima anche ora cercherò di pesare sia le mie azioni che le mie parole immaginando le conseguenze e le eventuali ferite che rischio di causare. Voglio essere una persona per bene a prescindere le mie consapevolezze. Perché le consapevolezze possono diventare  causa di incomprensioni e convinzioni che fanno male agli altri. Megan