📕📕 Il Gruppo di lettura  Parole in Giardino si è incontrato l’8 Giugno nel Giardino di Giusy.

Abbiamo dato inizio alla stagione estiva con l’abituale  incontro nel Giardino di Giusy per parlare del romanzo “Lezioni di chimica” di Bonnie Garmus.

Ogni volta  si rinnova  la magia del giardino che sa ispirare e accogliere le persone con le loro  parole,  riflessioni, visioni,  citazioni,  suggestioni,  interrogativi,  dubbi.

  Trama

Lezioni di chimica è la storia di una donna scienziato che lavora all’Hastings Research Institute in California, un ambiente ferocemente maschilista dove il suo  talento viene  messo a tacere, sabotato, o usato per il prestigio altrui.  E’ l’avventura di un’esistenza che ribalta gli schemi e costruisce  nuovi percorsi, che cade e si rialza più volte.

   Incipit

 Nel 1961, quando le donne giravano in chemisier, frequentavano circoli di giardinaggio e trasportavano allegramente legioni di bambini in automobili prive di cinture di sicurezza; quando nessuno poteva ancora immaginare l’imminente nascita di un movimento epocale, né tantomeno che chi l’aveva sostenuto avrebbe trascorso i successivi sessant’anni a parlarne e raccontarlo; quando le grandi guerre erano ormai finite e quelle segrete appena iniziate e la gente cominciava a pensare in modo nuovo e a credere che tutto fosse possibile, la madre trentenne di Madeline Zott si alzava ogni mattina prima dell’alba, certa di una cosa sola: che per lei la vita era finita. Nonostante quella certezza, andava in laboratorio e cucinava per la figlia. Carburante per l’apprendimento, scriveva su un biglietto che le infilava nel cestino del pranzo. Poi si fermava con la matita a mezz’aria, ripensandoci. All’intervallo fai sport, ma non lasciare che vincano sempre i maschi, aggiungeva su un altro. E, dopo una nuova pausa in cui tamburellava con la matita sul tavolo: Non sei tu che te lo sogni, scriveva su un terzo, la gente può essere davvero orribile. Gli ultimi due biglietti li metteva sopra al primo. La maggior parte dei bambini piccoli non sa leggere, e se sa leggere al massimo sono parole come «cane» o «mela». Madeline, invece, aveva imparato a tre anni e adesso, a cinque, aveva già letto quasi tutto Dickens. Era una bambina particolare, capace di canticchiare un concerto di Bach ma non di allacciarsi le scarpe, di spiegare la rotazione della Terra ma non di vincere a tris. E proprio lì nasceva il problema. Perché, mentre i bambini prodigio musicalmente dotati fanno grande scalpore, i lettori precoci no, in quanto abili in qualcosa in cui alla fine riusciranno tutti. Dunque primeggiare nella lettura non è una cosa speciale, solo fastidiosa.

Abbiamo iniziato l’incontro esprimendo le parole chiave del libro  che  guidano la condivisione delle riflessioni durante la discussione sul libro.  Raccolte  in un unico  pannello le parole chiave riescono a dare una significativa visione di insieme del libro.

La lettura del libro ha destato molto interesse tra i componenti del gruppo che hanno espresso una  varietà di interventi  a volte contrastanti.

Come di consueto, riportiamo di seguito alcuni appunti  di discussione e di approfondimento  utili  per chi ha partecipato e per chi non ha potuto partecipare, per chi ha letto il libro e per chi non ha potuto leggerlo.

Un passato familiare triste, con genitori imbroglioni senza scrupoli, affamati di soldi e un fratello amatissimo suicida, un ambiente di lavoro avverso, dove regnano discriminazione di genere e favoritismi, non scalfiscono la fermezza e la forza morale di Elisabeth Zott, protagonista di Lezioni di chimica di Bonnie Garmus.

Siamo negli anni cinquanta del novecento, la Zott è una giovane chimica in un istituto di ricerche in California; da tempo ha scoperto di vivere in una società fondata sull’idea che le donne valgono meno degli uomini, che spesso devono soggiacere alle loro molestie (28-30), e che l’unico punto di arrivo che le può riguardare è il matrimonio (67).

La “luce” arriva finalmente dal legame che stabilisce con Calvin Evans, un collega molto famoso nel campo della chimica e in odore di Nobel, con cui condivide – in modo pieno- affetto e aspirazioni (da 47), tra e l’invidia e i commenti malevoli dei colleghi che ritengono l’unione frutto di un calcolo opportunistico di Elisabeth per fare carriera. Nessuno vuole riconoscerle meriti: il direttore dell’istituto a fronte di una sua richiesta di risorse per sviluppare una particolare ricerca, le obietta “l’abiogenesi? È roba da accademici…non mi fraintenda ma è al di là della sua portata intellettuale”.

Ma la nostra protagonista è ferma nelle sue idee e  resiste alle ottusità del capo e dell’ambiente. La sua coerenza nell’argomentare è disarmante: persino nel rapporto con Calvin ci appare come una femminista /guerriera ante litteram quando sollecitata da lui a sposarsi rifiuta categoricamente e afferma che assumendo il cognome Evans c’è il rischio che i suoi traguardi scientifici possano essere oscurati dal cognome del marito (68 e 69).

L’armonia derivante dall’intesa amorosa con Calvin dura poco e ancora una volta la donna deve vivere sulla sua pelle ostacoli e ingiustizie: a seguito della morte di Calvin per un incidente (114-117) è licenziata perché gravida e per giunta non sposata (139-142). La tenacia, che le è propria, la spinge a reagire, ad andare avanti con le sue ricerche; trasforma la cucina di casa in un laboratorio (146), affronta la precarietà economica vendendo i risultati di test di chimica  ad ex colleghi ( che poi li spacciano per propri in istituto) (147), senza trascurare l’impegno che richiede la figlia Mad.

Una svolta importante dal punto di vista economico arriva con l’occasione di condurre in tv per le casalinghe una trasmissione di lezioni di cucina : “cena alle sei”. Anche in questo contesto emerge il coraggio e l’onestà nell’accettare la nuova sfida: si oppone alla vacuità con cui è considerato il lavoro di casalinga, per niente semplice come si vuole far credere (257), afferma che cucinare è una cosa seria e non divertente (241), si scontra con i responsabili della televisione che, per rendere accattivante il programma, si rifanno a strategie comunicative maschiliste (ancora oggi alla base di alcune tv commerciali) tipo: conduttrici sexy, madri amorevoli che aspettano il rientro del maritino, ecc (237).

Con “cena alle sei” Elisabeth punta a superare alcuni aspetti culturali tipici del maccartismo imperante in America e soprattutto a far ragionare le donne: “ so per esperienza diretta che quasi nessuno riconosce la fatica e il sacrificio che il mestiere di moglie, madre e donna richiede…alla fine della nostra mezz’ora insieme avremo fatto qualcosa che valeva la pena di fare. Avremo creato qualcosa che nessuno potrà ignorare. Avremo creato una cena e vedrete la differenza” (257).

Coglie l’occasione per valorizzare la chimica, il suo messaggio è: “la cucina è chimica, la chimica è la vita ed è la capacità di cambiare tutto, compresi se stessi (265). L’attività di cucinare – afferma – fa esplorare “l’affascinante mondo della temperatura ed i suoi effetti sul sapore” (343), e ancora rivolta alle donne le esorta ad applicare la chimica anche nella vita  :”usate le leggi della chimica e cambiate lo status quo” (421).

Lezioni di chimica è incentrato prevalentemente sui valori del personaggio Elisabeth: tenacia, impegno, onestà, coerenza , in un periodo in cui la cultura dominante le rema contro. Fortissima è la fiducia in se stessa: con estrema frequenza ( 168, 175, 212, 235, 245, 251, ….) ripete “sono uno scienziato” (sono sicura che oggi direbbe sono una scienziata!).

Un altro valore che emerge nel testo – un po’ a margine ma non meno importante- è quello della solidarietà femminile verso la protagonista. Quella manifestata da Harriet, la vicina di casa, è mossa all’inizio dalla curiosità di conoscere un ménage alternativo (pag. 171 e segg) e di rendere meno pesante la sua solitudine. Frequentando Elisabeth acquisisce la consapevolezza del suo stato di schiavitu’ quasi legalizzata (ha un marito violento), consapevolezza che la spinge a un radicale cambiamento della sua vita: divorzia e sceglie un’esistenza più sana e dignitosa.

L’altra solidale è la signorina Frask che, per rivalsa nei confronti del capo che la disprezza, offre generosamente amicizia ad Elisabeth (213-215) fino ad una dedizione completa alla sua causa (408). Si tratta di episodi singoli e preistorici rispetto a movimenti che si registreranno in seguito con il femminismo e con Me too , esploso dal 2017 con il coinvolgimento di tantissime donne per lottare insieme contro le molestie sessuali e la violenza, subite specie nei posti di lavoro.

Tutti questi valori, uniti a felici coincidenze e accadimenti narrati da Bonnie Garmus nell’ultima parte del libro, regalano ad Elisabeth il successo e a noi lettrici e lettori una certa speranza, visto il finale che mette a posto come in una favola i vari tasselli della storia. Il racconto della dolorosa discriminazione di genere subita  per anni da Elisabeth è fatta dall’Autrice con ironia e leggerezza grazie anche alla presenza di due figure che sbalordiscono per la loro singolarità: la figlia Mad, che a cinque anni invece di giocare con barbi legge “cinque anni tra i cannibali del Congo”, e il cane sei e mezza che conosce più di seicento parole e continua ad apprenderne altre.

Daniela C.

“Al mondo non c’è niente di più fastidioso che assistere alla immeritata felicità altrui”.
Già’ dalle prime pagine si annuncia uno dei temi conduttori del romanzo, tema sostenuto dalle chiacchiere dei colleghi di Elizabeth Zott, la protagonista.
Si rodono, uomini e donne, per l’invidia che provano nei suoi confronti. La provano anche coloro che, nel corso degli avvenimenti, avranno una certa importanza.
Certo la protagonista ha tante qualità: è giovane, bella, intelligente e preparata. Soprattutto psicologicamente forte, sicura di sé, capace di lottare per affermarsi e, infine, é la compagna di Calvin Evans, emerito ricercatore dell’Hastings Research Institute. I due sono fatti l’uno per l’altra.
Cosa si può pretendere di più? È, tuttavia, da questa situazione che prende il via il secondo tema conduttore del racconto, la difficoltà delle donne (femmine!) ad aver riconosciuto dagli uomini capi o comunque quelli che dovrebbero essere buoni giudici le loro qualità umane, la loro intelligenza e la loro preparazione.
Un’intelligenza che grazie anche a una particolare sensibilità femminile, consente loro di abbracciare uno scibile più vario e vasto di quello normalmente abbracciato dall’altro sesso.
C’è una caratteristica peculiare del personaggio di Elizabeth che, a questo punto, è necessario sottolineare: la sua assoluta autostima che non esclude il desiderio altrettanto fermo di non essere mai appoggiata da raccomandazione di chichessia “Calvin compreso“ per fare carriera. Elizabeth è una donna non solo molto intelligente, ma profondamente onesta e leale con tutti i colleghi, e soprattutto con se stessa.
(Pag.65)La personalità di Calvin che pare non bello ma sicuramente di grandi doti intellettive e di grande umanità, appare con una certa chiarezza sia nel suo sincero rapporto con Elizabeth sia per quanto concerne la sua profonda sensibilità d’animo.
Elizabeth deve partecipare al matrimonio della sua amica Margaret, quindi gli sarà lontana per qualche giorno e lui (Calvin) resterà solo. Egli detesta i matrimoni, ma quella volta vorrebbe accompagnare Elizabeth, sperando che la prossimità di un altare possa modificare il costante rifiuto di Elizabeth per il matrimonio (teoria che ha un nome scientifico: interferenza associativa).
“Pensavo che i matrimoni non ti piacessero! “
“No, a non piacermi è l’idea del matrimonio.”
(Pag. 67-68 )Discussione sul perché Elizabeth non voglia sposarsi
Comincia a pagina 86 un nuovo passaggio sulla vita di Elizabeth. Non si parla più di matrimonio non accettato, ma di canottaggio, di vogatori. Anche qui vengono messe in luce doti decisionali di chiara logica di Elizabeth che, malgrado la difficoltà che vi incontra, continua a praticare questo sport per far piacere a Calvin.
L’autrice dedica molte pagine ad ogni novità nella vita di Elisabeth.
C’è anche tutto il racconto dei pensieri che passano nella mente di Seiemezza, il cane super intelligente che accompagna Calvin, che lo tiene al guinzaglio il giorno che Calvin muore.
A questo proposito mi viene spontanea un’osservazione un po’ cattivella: ci sono personaggi in questo romanzo troppo intelligenti, mi sembrano un po’ esagerati, cominciando dalla figlia della protagonista che fa osservazioni degne di una trentenne laureata: “…non basta leggere libri per avere esperienza di vita”.
Tutto si legge con rapidità anche se le 454 pagine non perdonano, ma lo stile di scrittura è leggero, divertente, oserei dire, anche nei punti in cui il dramma richiederebbe un tono più austero.

È la forza d’animo di Elizabeth che l’autrice vuole mettere in luce nel parlare poco della tragedia
che sconvolge il racconto e l’anima della scienziata o è una scelta forzata dovuta all’incapacità della
narratrice a mettersi nei panni di chi si trova vivere un simile momento? Infine, ci potrebbe anche
essere un’ultima possibilità, nel voler mantenere ad ogni costo la leggerezza del testo?
Da ogni cambiamento di vita che può accompagnare la protagonista, l’autrice potrebbe trovare
spunto per un romanzo a sè viste quante possibilità narrative la sua fantasia escogita. È un romanzo
veramente ricco di colpi di scena e di soluzioni che fanno vivere a tutti i personaggi nuove “trovate“
per farli scomparire e riapparire al bisogno grazie ad un una inventiva illimitata.
C’è infine, oltre alla bella pagina sulla figlia, l’affetto con la cara Harriet ed i nuovi amici
(compresa la signora Frask) e tutto ciò che si può leggere e capire riguardo al programma “Cena alle sei“ un nuovo tema che l’autrice introduce con poche battute a chiusura del racconto: la mancanza di fede in Dio e l’affermazione della Sua inesistenza da parte di Elisabeth. D’altra parte la chiarezza di idee ed il rifiuto di tutto ciò che non può essere fermamente dimostrato che ha illuminato per tutto il racconto la personalità e la storia della protagonista non può che condurre a questa conclusione.
Lascio che ciascuno faccia della sua vita quel che vuole, e non commento.

Federica Z.